Ed ecco arrivato un nuovo fine settimana. Ci sono arrivata rincorrendo mail da leggere che si sono accumulate a causa di un giorno di ferie infrasettimanale e non sono più riuscita a recuperare. Vedere la posta intasata mi mette ansia perché sono sicura di trascurare certamente qualcosa di importante, abilmente nascosto in quella lunga lista piena di corrispondenza che, sono sicura, potrei cestinare al 70% senza fare danni. Si perché non esistono regole che difendano da questa continua slavina virtuale e se non si mettono in piedi strategie di difesa efficaci si soccombe. Ti mettono in copia per avere la prova di averti informato, non si preoccupano di capire se sei l’interlocutore giusto con la filosofia del meglio uno in più che in meno, ti scrivono pure se basterebbe una telefonata. E in questo modo passi più tempo ad occuparti di ciò che non ti compete che di ciò che dovresti governare. La chiamano generazione di entropia dando, in questo modo, dignità ad un fenomeno che non meriterebbe davvero una definizione tanto colta. Perché di fatto, nel migliore dei casi, si tratta di evidente incapacità di usare il mezzo e nel peggiore, di assumersi le proprie responsabilità nel fare. Un altro esempio di meraviglioso politically correct nostrano che, impedendo di chiamare le cose con il loro nome, genera e continua a nutrire mostri.
Buongiorno al salvifico venerdì!
Il buongiorno del 21 marzo
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