Ieri sera l’Italia è uscita in malo modo dai mondiali e si sono tutti dimessi. Un atto doveroso che da più parti ha suscitato meraviglia e ammirazione. Che ce la dice lunga sullo stato dell’etica, e prima ancora dell’assunzione di responsabilità, nel nostro Paese. Chi sbaglia, anche pesantemente, ma lo ammette, diventa un eroe.
Ma non voglio parlare di questa triste vicenda, icona della nostra decadenza. Voglio invece parlare del morso di Suarez.
Tutti ci siamo chiesti come sia possibile che, nell’epoca del grande fratello, questo affondi i suoi denti nella spalla di un giocatore avversario (pare sia la terza volta!) e pensi di farla franca. Come possa averlo pensato non si sa. Vero è che la realtà gli ha dato ragione. Nonostante la vittima abbia mostrato con veemenza, in mondovisione, l’impronta come souvenir del contatto e lui abbia continuato a toccarsi, senza ritegno, la dentatura dolorante, la partita è continuata senza alcuna penalità nei suoi confronti.
Trovo la cosa davvero inquietante sotto due profili. Checchesenedica l’episodio ha comunque alterato il flusso degli eventi. Ma soprattutto ha mostrato ai ragazzi di tutto il mondo la fragilità di una giustizia incapace di fare il suo corso anche a fronte della flagranza (per le nostre creature, solo una triste conferma!!!)
Pare che per questa sua intemperanza (!), Suarez sia seguito (si può dire con scarsissimi risultati!) da uno psicologo. Sempre che si voglia credere all’istinto e non alla volontarietà del gesto.
Perché se per una vita ti dicono che la vita va presa a morsi, non ci si può lamentare, se prima o poi, metti in pratica l’insegnamento. Questo per dire che gli incitamenti vanno sempre ben circostanziati.
Buongiorno col dente avvelenato!:-)