Ieri a pranzo ho visto due giovanissimi amici, figli di una mia cara amica che abita vicino al mio ufficio. Sono due ragazzini molto intelligenti ed ironici e, staccare dal lavoro passando anche solo mezz’ora con loro, ha degli effetti miracolosi. Mi offrono ogni volta l’occasione per ridimensionare la qualunque. Gli dico: ‘Trovo il lunedì parecchio pesante, voi no?’ e il ragazzo di getto: ‘No, no per me è il giorno migliore: c’è ginnastica e anche il resto non è molto impegnativo, più complicato il martedì’. Un attimo e capisci quanto possano influenzarci i pregiudizi.
Siamo in fila per prendere un panino, gli chiedo cosa vogliano. Quello con la salsiccia è finito e finiamo chi sull’hamburger, chi sulla porchetta. Stiamo decidendo sul bere quando mi sento una mano sulla schiena, mi volto e un uomo in evidente difficoltà mi dice se compro un panino anche a lui. Gli rispondo: ‘Certo che lo compro anche a te, come lo vuoi?’ ma mentre dico queste parole leggo, subito, la paura negli occhi dei ragazzi dietro al bancone e li vedo velocizzare l’operazione per allontanarlo prima possibile. Lui prende il panino, mi ringrazia e va via. Usciamo e i miei giovani amici mi raccontano che si tratta di un personaggio temuto perché spesso urla e insulta senza motivo. Penso per un attimo che quell’incontro poteva andare diversamente ma anche no. Ho imparato da piccola a non avere paura. Come potrei averne di fronte a qualcuno in difficoltà che ha fame? Lui ha sicuramente più paura di me. E ha ragione.