Ispirata da eventi dell’ultima ora, riprendo un concetto a me caro che è quello della poraccitudine. A scanso di equivoci la poraccitudine non ha nulla a che fare con la povertà. Infatti, mentre la povertà, è uno stato – a parte rare eccezioni – non voluto, la poraccitudine è un atteggiamento di cui i portatori, spesso, non sono neanche consapevoli e anzi si sentono, agendolo, fighissimi.
Per inquadrare immediatamente la poraccitudine, espongo di seguito situazioni di varia natura con cui sono certa ognuno di noi è venuto a contatto, non una ma più volte.
Si pensi a quelli che parlano di sè in terza persona; a quelli sempre ben vestiti e curati, elegantissimi, che poi ti mangiano in faccia senza offrire; a quelli che non ti salutano mai per primi ma si sbracciano se sei con qualcuno che conta; a quelli che non si espongono mai con un parere ma se lo fai tu, ti fanno i complimenti rigorosamente fuori onda; ai baroni di ogni dove che si appropriano dell’altrui lavoro liquefacendo gli autori; a quelli che ridono fantozzianamente alle battute del capo; a chi non fa la fila, non acquista un biglietto neanche a morire, si imbuca ovunque voglia, approfittando del suo ruolo o della rete dei suoi fantomatici amici; a quelli che la mattina al bar, con i colleghi, non arrivano mai alla cassa per pagare, trattenuti ogni volta da fantasiosi e ricorrenti eventi (telefonate, incontri casuali, dimenticanze di denaro o possesso di moneta cartacea impossibile da cambiare); a chi fa la cresta sulle raccolte di denaro per i regali o per riunioni conviviali; a chi si prende meriti non suoi credendo anche di essere nel giusto. E chissà quanto altro vi sta ora venendo in mente…
Ieri mattina scrivevo ad Alessandra per condividere la speranza che prima o poi i poracci sarebbero passati di moda e lei, saggia, mi ha risposto ‘nel frattempo noi li possiamo ignorare’.
Buongiorno!