Ieri c’era lo sciopero dei mezzi. Uno dei venerdì neri che, negli ultimi tempi a Roma, non sono più nemmeno così rari. Esco alle 7:30 per non rimanere incastrata nel traffico ma mi accorgo immediatamente che non si tratta di una partenza intelligente. Siamo in tanti ad aver avuto l’idea geniale di partire prima e ora siamo lì, uno dietro l’altro, affiancati o a croce, a guardarci in cagnesco tesi alla conquista, centimetro dopo centimetro, di una posizione. Sono una guidatrice rilassata, non corro, rispetto le regole, non supero se non necessario. Sono convinta che quel minuto guadagnato, facendo lo slalom o la prepotente, non mi servirebbe a nulla se non ad accumulare energie negative, di cui non sento affatto il bisogno. C’è solo una cosa che mi fa trasformare in una belva: subire il sopruso da parte di quelli che hanno sul vetro posteriore quegli adesivi con tutta la famiglia, cane compreso, quelli con tutti i nomi sotto. Quelli che ostentano l’appartenenza ad un nucleo felice e pieno di amore ma che appena salgono in macchina, dimentichi di questa meravigliosa armonia, sono pronti a rigarti lo sportello pur di passarti avanti anche solo di una spanna. Sono quelli la cui dimensione dell’auto è proporzionale alla lunghezza della stirpe iconizzata. Che nei disegni si rappresentano simpatici e allegri e invece sono i più stronzi di tutti. Stamattina mi sono trovata incuneata a destra una di queste mamme da incorniciare; bionda e con una piega perfetta più che nella sua forma stilizzata, era alla guida di una di quelle mini gonfiate che non capisci più perché continuino a chiamarle così. Mi sono girata, l’ho guardata. Lei sicura di sé ha accennato una reazione ardita che si è subito spenta di fronte alla mia. Deve aver capito subito dal fuoco dei miei occhi che non mi sarei fermata, che non avrei avuto pietà di Luca, Simona, Paolo, Nina, Ettore e neanche del pesce rosso e ha ceduto il passo. Solo allora è tornata la serenità nel mio abitacolo. Ho acceso la radio, abbassato i finestrini e ho respirato l’aria fresca del mattino, gongolando per aver avuto la meglio. A Roma non bisogna saper correre per sopravvivere come in Africa (o a Milano!), bisogna saper mantenere la posizione e resistere. E, ora lo sapete, anche non attaccare la famiglia sul vetro 👀.
Buona giornata!
È tornato Roberto. Di fronte al racconto della mia antipatia verso gli adesivi di famiglia non si è riuscito a tirare indietro… 😀😀😀
Che ne dici?