Ieri pomeriggio sul tardi sono andata a camminare con Ale. Faceva freddo e quando è così l’andatura riesce ad avere una naturale accelerazione. Non so decidere se sia per scaldarci più velocemente o perché non vediamo l’ora di ritornare a casa. È già la seconda volta che Ale, compagno di camminata maschio (cammino di solito con Ale, compagna di camminata femmina), mi propone un giro diverso che passa attraverso lo struscio di una via commerciale piena di gente e soprattutto di luce. Non credo che avrebbe mai il coraggio di chiedere a nessuna altra donna vestita come mi vesto per andare a camminare (ieri con aggiunta di cappello e guanti) di fare un giro per negozi ma questa è la prova che mi ha sempre considerato più che un’amica un compagno di servizio militare. In realtà tutta questa premessa per dire che ci siamo ritrovati, per questo motivo, ad attraversare uno dei ponti sul Tevere e a rimanere colpiti da una inaspettata luna dorata, piena o quasi, ad illuminare il buio del fiume che ci ha obbligato a fermare il nostro contapassi per cercare di immortalarla e archiviarla tra le foto. E che il non esserci riusciti con nessuno dei nostri due telefoni, ci ha costretti a guardarla senza il filtro di un obiettivo e ad accorgerci che resta sempre il modo più emozionante per ricordare qualcosa. Perché la tecnologia aiuta ma non sostituisce mai l’occhio di chi guarda che non è mai solo vista. E non poter affidare la memoria ad un hard disk implica quel secondo in più di tempo per frizzare oltre all’immagine, la sensazione. La mia di ieri, quella di sentirmi piccola nonostante il grasso in eccesso collezionato durante le feste (ma anche prima!) e anche fortunata. Per essermi trovata per caso ad assistere ad uno spettacolo come quello, a poterlo condividere con qualcuno di persona e ad essere capace di apprezzarlo.
Ma ancora più fortunata mi ci sono sentita sicuramente dopo. Quando proseguendo nel giro e approdando a vie meno frequentate, ho visto persone prepararsi per dormire sulle panchine, altre rovistare nei cassonetti traboccanti di immondizia, altre ancora urlare in preda a chissà quale delirio. Che sono poi le contraddizioni di questa città che un attimo prima sei davanti alla bellezza assoluta e quello dopo in un girone dantesco. Ho provato ad immaginare le storie che hanno preceduto quei destini e ha pensare che potrebbe succedere, chi più chi meno, ad ognuno di noi. A condividere con Ale, che conosco da decine di anni, di quanto era bella e frizzante da ragazzi quell’atmosfera in cui sembrava tutto possibile e di quanto sia pesante oggi l’aria che respiriamo, in senso figurato e non. Che mi dice che è vero, come è vero che quando si comincia a dire che prima era meglio si sta cominciando ad invecchiare. Abbiamo concluso la nostra camminata, tra salite e discese fuori e dentro, davanti ad un altro ponte. Arrivati alla nostra destinazione abbiamo messo un punto come chi, seppure non rassegnato, è purtroppo abituato a tutto questo. Ci siamo salutati e separati per proseguire altrove e in autonomia le nostre serate. Ci siamo dati un vago appuntamento alla prossima. Dico io di giorno. Meglio il sole che la luna.
E il contributo di Roberto al mio ‘flusso di coscienza’ non si è fatto attendere. E questo nostro bel gioco, che spero faccia divertire anche voi, è un altro motivo per cui mi sento davvero molto fortunata.
Buona domenica ❤️