Riprendo una buona notizia che ho letto ieri.
Il professor Marco Ranieri, ordinario dell’Università di Bologna, Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche, ha ideato insieme a dei colleghi lombardi un circuito in grado di collegare un solo respiratore per fornire ossigeno a due pazienti, anziché uno solo che significa di fatto raddoppiare la disponibilità. Il primo prototipo, realizzato in sole 72 ore da un’impresa operante nel polo biomedicale di Mirandola, è stato già stato testato dall’ospedale Sant’Orsola di Bologna: funziona, e nei prossimi giorni saranno in grado di destinare la strumentazione alle province più colpite dal virus.
Mirandola. Io a Mirandola ci sono stata tre anni dopo il terremoto e mi piace riportare quello che scrissi allora perché anche questo successo nasce dal coraggio e dalla fiducia nel futuro che mai ha abbandonato questa meravigliosa terra. E che oggi ha un significato ancora più profondo.
Ottobre 2015
Ieri ero a Mirandola un nome che sa di favola e forse non a caso.
E ieri ho avuto il privilegio di conoscere delle persone straordinarie che hanno saputo trasformare un evento catastrofico in una opportunità. Che hanno saputo pianificare la ripresa con fatica e determinazione ed oggi guardano, fieri, a quello che non hanno semplicemente ricostruito, ma costruito meglio. E, aggiungo perché degno di nota, con il piglio di chi non ha finito: che sa che c’è sempre qualcosa che si può fare di più e meglio. Un’Italia del fare in silenzio di cui non si parla abbastanza e che invece dovrebbe davvero diventare l’icona del ‘ce la possiamo fare’. Un modello da sposare per ripartire.
Tornando a casa, ieri, ho pensato che questa storia è anche una bellissima metafora della vita. Ognuno di noi può subire terremoti. Vedere la sua vita andare in pezzi per mille ragioni. E di fronte alla macerie si può restare immobili a lamentarsi per il destino infausto, decidere di raccattare i pezzi e rimetterli insieme esattamente come erano, o cogliere l’occasione per tentare qualcosa di completamente nuovo. La terza è la strada più difficile perché apparentemente si resta per un po’ sospesi nel tempo: senza passato e senza futuro. Ed è quella che in pochi decidono di percorrere. Ma, a guardare bene, è l’unica che può consentirci di vivere a pieno il presente senza dimenticare da dove veniamo e guardando con fiducia a dove stiamo andando.
A Mirandola la via dove risiede il nuovo polo didattico è intitolata al 29 maggio 2012, il giorno del terremoto. Al dolore di ciò che hanno perso hanno dedicato la rinascita.
Una grande lezione davvero.
Roberto in quel tempo non aveva ancora iniziato ad illustrare i miei post. E ci tenevo che mettesse oggi il suo zampino su questo.