Sono passate due settimane da quando siamo a casa, di più per chi ha iniziato prima, e la nostra quotidianità, esattamente come un liquido che passa da un contenitore ad un altro, si è adattata alla nuova forma.
Prima di tutto smettiamola di parlare di isolamento: i contatti si sono moltiplicati e il desiderio di sentirci più vicini, li rende sicuramente più umani e solidali di tutti quelli che avevamo fino a tre settimane fa. Grazie alle videoconferenze siamo ospiti e ospitiamo persone che mai avremmo pensato di andare a trovare o di avere a casa nostra. E ci fa strano ma non ci dispiace.
Può capitare, passando per andare in cucina, di ascoltare senza stupore qualche frase dell’interrogazione di un figlio o di pulire a fondo la casa per accogliere la laurea telematica di una figlia nonostante ci tranquillizzi sull’improbabilità che la Commissione terrà conto, nella valutazione, della pulizia dei vetri. La spesa è diventata un momento di alta strategia prima della quale ci si scambia informazioni e numeri alla ricerca di soluzioni rock per non fare la fila e soprattutto trovare quello che serve (oltre al lievito di birra!). Per esempio io, da sempre cultrice del supermercato o della spesa on line per togliermi il pensiero una volta a settimana, ho scoperto quanto sia di maggiore soddisfazione comprare nei negozi del quartiere che, peraltro, si sono innovati in una settimana, mettendo a disposizione numeri telefonici per gli ordini, e la maggior parte anche la consegna a domicilio, prendendosi una bella rivincita sulla grande distribuzione in tilt. Le uscite ‘al volo’ non esistono più. Ogni uscita è pensata e programmata: perché oltre alla autocertificazione aggiornata in tasca (per chi non abbia finito il toner o l’inchiostro della penna) vanno messi i guanti, la mascherina e le scarpe lasciate fuori di casa che non sai mai come arrivarci a prenderle e quindi devi decidere se contaminare le pantofole o i calzini.
Guanti e mascherine che se riesci a trovarli li metti, visti i prezzi, nella wishing list del compleanno. Sulle mascherine c’è da dire poi che prima non le dovevamo portare e ora invece sì e se non la porti ti guardano male come fossi la madre del pipistrello da cui tutto è partito: chirurgiche, ffp2 o ffp3, fatte in casa con la carta da forno o di stoffa a panino con la carta da forno in mezzo. Io, alla fine, me ne sono cucita nottetempo una da sola, guardando un tutorial e attingendo alle competenze acquisite nelle ore di applicazioni tecniche alle medie (dove ho imparato anche a costruire da sola una lampada peraltro) e rinforzate dalle lezioni di mia nonna che sono sicura sarebbe stata tanto contenta del mio manufatto. I tutorial e le lezioni live su ogni cosa impazzano: dallo yoga al cinese, dalla cucina al bricolage con ciò che abbiamo in casa.
Tutti, infine, offrono qualcosa per non sprecare ma investire questo tempo: yoga, cinese, Zumba, cucina, bricolage… con il risultato che di tempo non ne abbiamo più esattamente come prima. La differenza? Togliendo le preoccupazioni sul futuro che ci sono, più o meno vicine, per tutti, siamo paradossalmente più sereni e meno stressati. Che se, come penso, non è rassegnazione c’è da farci una pensata.
Il disegno di Roberto è la risposta alla carenza di mascherine. 😁
Ne parlavo con un collega (ex Sip anche lui, mi sa che conosci anche la moglie), se non fosse per la preoccupazione del virus, ammettiamolo….non sarebbe poi così male!
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