Ieri mattina mando un messaggio a Roberto per realizzare un’idea regalo che mi è venuta in mente per Natale e lui mi risponde subito che è occupato e che mi contatterà successivamente. Non so spiegare perché ma percepisco qualcosa di strano in quella risposta troppo secca per come lo conosco e gli chiedo se va tutto bene. Lui mi tranquillizza e mi scrive che sì è tutto a posto e che è solo impegnato in una chiamata con l’assicurazione. Verso pranzo mi manda un messaggio per chiedermi di cosa gli volessi parlare e decidiamo di sentirci a voce. Che capita raramente, preferendo noi gli scambi epistolari, sebbene ridotti come usa al tempo di whatsapp. Mi saluta e d’un fiato mi dice emozionato: ‘Marù, mi sono comprato una moto! La desideravo da quando ero ragazzo e finalmente ho realizzato il mio sogno’. È talmente grande la gioia che passa attraverso queste poche parole da travolgere anche me, che le moto non mi hanno mai preso. E mi viene spontaneo, anche se le risposte non mi diranno niente, cominciare a fargli domande, in modo sinceramente entusiasta, sul tipo di moto e dove l’ha comprata. Mi dice il modello e poi che è una di quelle antiche, morbide e rotonde. Che ci ha pensato a lungo e che è stata sua moglie a dargli la spinta finale nell’acquisto. Lo dice pieno di gioia perché lo considera, ed è, un grande gesto d’amore quello di sua moglie che ha deciso di tenersi i suoi timori e la sua preoccupazione per dare spazio alla realizzazione di un suo grande desiderio. Mi dice che è usata ma praticamente nuova e che andrà a prenderla nel pomeriggio con un suo amico; che la farà portare a lui perché sono anni che non ne porta una e deve riprendere la mano. Non l’ho mai sentito così. È la contentezza di chi è arrivato il suo turno. Di chi ha aspettato che arrivasse, scegliendo ogni volta altro più urgente o più importante, sempre convinto che ne valesse la pena o non si potesse fare altrimenti, senza recriminazioni, ma che oggi, sì, era finalmente arrivato il suo momento. Mentre continua a darmi particolari di cui non comprendo a pieno il valore, ma che mi piace ascoltare perché mi fanno sentire parte della festa, me lo immagino in sella con questa sua gioventù ritrovata. Che finalmente è uscita dalla matita e si è fatta azione. Perché poi, detto che non è passato così tanto tempo da quando era ragazzo, la differenza da allora è solo il casco; che, all’epoca, giravamo tutti con i capelli al vento perché non era obbligatorio. Il resto è tutto uguale; la strada, il vento, la velocità, l’adrenalina e l’amore sono sempre gli stessi.
E che il mio amico Roberto si sia buttato di nuovo nella mischia, e con soddisfazione, mi conferma quello che ho sempre pensato: che lo scorrere del tempo è sopravvalutato e che la felicità di chi conquista non è minimamente paragonabile a quella di chi ottiene tutto con facilità. Che non è come diciamo a Roma un volersi ‘’Ariconzolà co’ l’ajetto”* ma una grande verità.
Auguro a Roberto di godersi a pieno il suo regalo e a tutti voi buona giornata!
*’’Consolarsi con l’aglietto’’ è un’espressione romana che si usa quando, in seguito a uno o più eventi negativi, si gioisce di un piccolo momento positivo. L’aglietto è l’aglio in erba, non ancora formato, privo di spicchi (e quindi dal sapore meno intenso). E quindi se ci accontentiamo di mangiare quello, ci stiamo accontentando di poco.
Nel disegno il potere di salute dell’aglio.
Che ne dici?