Qualche sera fa tornando a casa, mi sono passati accanto una mamma e suo figlio. Un ragazzo biondo di non più di tredici, quattordici anni. Ridevano e parlavano di programmi estivi. È stato un attimo farmi avvolgere dalla nostalgia. E ricordare le tante vacanze scelte e condivise con Marco. Ora, quasi ventenne, le vacanze le fa da solo e non c’è nemmeno verso di poterlo consigliare o impedirgli qualche scelta a rischio. Perché lui si ribella, certo, ma anche perché io ho scelto di lasciarlo andare. Di dire la mia, ma di lasciargli prendere le sue decisioni. Perché, intanto, ho capito che – sebbene vorremmo sempre proteggere e tenere sotto l’ala i nostri figli – purtroppo, o per fortuna, non si può. E, in secondo luogo, perché l’unica è darci e dargli fiducia. Dare fiducia a ciò che gli abbiamo passato fin là e dare a loro la possibilità di uscire. A loro modo. Che potrebbe essere anche un modo che non ci piace. Perché questo è il rischio che si corre quando gli insegni ad essere se stessi: che quell’essere se stesso non sia quello che hai sognato per lui. Che potrebbe essere peggio ma anche meglio. E di madri (e padri) che non accettando quei ‘se stessi’ hanno seminato infelicità ce ne sono tanti. Troppi.
Marco, a dire il vero, mi piace pure e mi ricorda tanto come ero io alla sua età quando tutto era ancora possibile e mi credevo immortale. Ed è forse proprio questo che, con la consapevolezza di oggi, mi spaventa tanto.
Tornata a casa con tutti questi pensieri nella testa, gli ho mandato un messaggio raccontandogli di questo incontro ‘mamma e figlio’ amarcord e mi ha risposto senza fronzoli: ‘mamma, facciamoci un viaggio’. Ha vinto lui. E anche un po’ io.
Buona domenica!
E Roberto ci fa già partire… che poi è vero perché i viaggi iniziano da quando si comincia ad immaginarli.
Che ne dici?