Sono due fine settimana che Enrica mi regala il suo tempo per rinnovare qui e là la mia casa. Era un po’ che sentivo la necessità di qualche cambiamento, o meglio di alleggerirla, di disfarmi in qualche modo di quanto non più necessario o comunque sovrabbondante. E così, visto che da sola non ce la facevo a prendere il toro per le corna, quando si è offerta di aiutarmi, non ho fatto neanche un complimento e ho accettato subito la sua mano e soprattutto il suo gusto e la sua capacità di vedere cose che ancora non esistono.
E così sono due domeniche che ci vediamo, pranziamo insieme e dopo aver eliminato ciò che è ormai è arrivato al termine del ciclo di vita (non ci si crede quante carte e oggetti inutili si possono accumulare in poco tempo), ci divertiamo a rianimare angoli, pareti, e a dare una nuova esistenza a oggetti stanchi e ormai rassegnati ad un ruolo, anche semplicemente cambiandogli uso o sistemazione.
Ed è così che tra il rimescolare libri e oggetti sulla libreria, spostare qualche quadro, rimettere a posto qualche cassetto per togliere di mezzo altro, entrambe le volte abbiamo fatto sera senza accorgercene. Come succede quando si sta bene. Sono state ore di risate, valutazioni, decisioni. Ci siamo compiaciute o, al contrario, abbiamo ricominciato da capo.
È stato faticoso ma anche molto divertente e soprattutto, al netto di qualche dettaglio da rivedere, ci siamo salutate stasera molto soddisfatte del risultato.
In operazioni come queste, la fatica vera è far scivolare tra le mani e lasciare andare mille ricordi. Basta una foto o un biglietto a scatenare la memoria; la nostalgia di alcuni momenti o al contrario la felicità che siano passati, o anche solo ilarità per passaggi completamente sfuggiti e che di un tratto appaiono chiarissimi. Come quando mi sono trovata in mano due copie dello stesso libro di poesie, diverse solo per l’edizione (la prima precedeva la seconda di venti anni) con una dedica quasi uguale da parte dello stessa persona che, a distanza di molto tempo, mi regalava, non ricordandosene (lui ma pure io), lo stesso volume. Che la domanda è se sia io ad aver ispirato, a distanza di anni, lo stesso dono o se, come più probabile, il presente rientri in uno schema di seduzione del donatore seriale desideroso di rappresentarsi, attraverso gli struggenti versi nella lingua d’oltralpe, come l’ultimo (imperdibile) dei romantici. L’intramontabile ‘magari ce casca’. Un ritrovamento che mi ha finalmente illuminato sul fastidio a pelle che mi aveva provocato ricevere la raccolta la seconda volta, pur senza ricordarmi della prima.
Nonostante la stanchezza, stanotte non riesco a dormire perché sono troppo felice per quello che abbiamo fatto. Perché si è realizzato non tanto il desiderio di ordine quanto quello di rimettermi in linea con me stessa e il luogo in cui vivo. Che per farlo non è mai sufficiente cambiare la sola edizione, bisogna cambiare proprio libro.
Un buongiorno a tutti e un grazie speciale a Enrica!
E nel disegnetto di Roberto la S.p.A. sta per ‘società per amicizia’ che mi piace proprio molto!
Che ne dici?