Ieri sera mi ha invitato a cena la mia vicina, la signora del secolo scorso. E così dopo aver finito di lavorare, ho fatto fare un giro a Rocky, ho comprato un vaso di mimosa, ho recuperato la bottiglia di vino rosso che mi aveva regalato qualche tempo fa e ci eravamo promesse di aprire insieme e sono salita. La serata è scivolata via morbida come le scaloppine e le carote al marsala e profumata come i carciofi alla romana che aveva preparato. Il bello di queste serate è lasciare andare la conversazione e vedere dove va. Ieri, per esempio, in risposta alla mia stanchezza da 10 ore, e non particolarmente esaltanti, davanti al computer, mi ha raccontato del grande amore per il suo lavoro da giornalaia che, insieme al marito, aveva svolto per tanti anni e che potendo, farebbe ancora. Della cura che ci metteva, dell’ordine nel sistemare le riviste e ogni pubblicazione ma anche dell’ascolto di tante storie e tante confidenze dei suoi clienti che mai aveva rivelato ad altri. Che mi ha ricordato quando mia nonna parlava del suo lavoro di quaranta anni da bidella, fiera non solo della pulizia che regalava alla sua scuola ma dell’affetto donato e ricevuto dai tanti ragazzi che aveva visto crescere lì dentro che continuavano a salutarla con rispetto anche dopo quando la incontravano per il quartiere. Storie di passione vera e genuina che dovrebbero essere utilizzate nei corsi sui valori altro che i pipponi di accademici tromboni mai immersi nella vita vera.
Poi siamo finite a parlare di ballo perché le ho detto che pensavo di partecipare ad un’iniziativa all’aperto di cui avevo sentito parlare e mi ha invitato a farlo. Perché il ballo, mi ha detto con un sorriso allegro, fa tanto più bene della ginnastica. Che il ballerino di casa era il marito ma che lei intorno ai 50 anni stufa di guardare ballare lui e gli altri amici, aveva deciso di prendere lezioni da una maestra bravissima e aveva prima imparato il tango e poi tutti gli altri balli e che da quel momento si era divertita tantissimo.
E tutte queste chiacchiere in libertà mentre, ormai finita la cena, si muoveva leggera e sicura sistemando la cucina con una ve locità strabiliante impedendomi di aiutarla. Anzi dandomi lo strofinaccio per asciugare le stoviglie come si fa con quelli che si vogliono tenere occupati per finta.
Ad un certo punto voltandomi ho visto attaccata sul frigo una foto. C’eravamo sopra io lei e l’altra vicina che ci ha lasciate questa estate. Mi ha ricordato che l’avevo regalata io ad entrambe e trovarla là appiccicata con la colla, mi ha colpito moltissimo e mi ha fatto tornare in mente qualcosa che mi aveva detto ieri un collega, parlando della vita dei cani più breve della nostra, che non è importante quanto un amore duri ma l’intensità. Come quel momento di noi tre felice e bellissimo.
Che una vita lunga è un privilegio, se si è in salute ovviamente, ma anche e soprattutto se non si smette di viverla ogni istante. E che, Rossana insegna, vale sempre la pena di prendere il coraggio e buttarsi sulla pista.
Buongiorno e oggi è anche venerdì!
Ed è anche arrivato il (meraviglioso) disegnetto di Roberto che esalta il cartaceo a dispetto del digitale. Come dargli torto?
Che ne dici?