È comune opinione che per stare bene insieme ad una persona questa debba accettarci per quello che siamo. Principio sacrosanto che sottoscrivo. Peccato, però, che venga utilizzato per chiedere ad amici, fidanzati, mogli e mariti, familiari in generale e colleghi, non di accettare l’anima ma caratteristiche e comportamenti che meriterebbero al contrario di essere cambiati. E anche di corsa. A mio avviso la fortuna di un incontro risiede nella capacità dell’altro non di accettarci ma di volerci bene e quindi di migliorarci o quanto meno di spingerci a farlo. Accettare per esempio qualcuno che si lasci sopraffare dalla vita, non abbia cura del proprio corpo, si lasci andare, non è rispetto dell’altro. Molto spesso è, escludendo il disinteresse, incapacità. Incapacità di ispirare l’altro a tirare fuori il meglio di sé. Esprime la volontà di offrirgli una sedia invece di un appoggio per continuare a camminare. Di regalargli un sollievo momentaneo. Che ci sta ma solo se per riprendere le forze non per sempre.
Non potete neanche immaginare quanto abbia detestato, e continui a detestare, chi mi abbia messo e mi metta sempre di fronte a nuove sfide. Quanto mi irriti chi mi sproni. Chi mi spinga a fare costantemente un passetto più avanti. Vero. Ma se mi guardo indietro e intorno sono quelli che mi sento fortunata ad aver incontrato. Quelli che mi hanno aiutato ad essere quella che sono oggi. Quella che mi piace molto. Il resto degli incontri solo sfondo e paesaggio. Belli a volte ma totalmente sostituibili. E voi che ne pensate? Buon mercoledì!