A differenza di quando andavo a scuola io quando in classe eravamo tutti italiani, Marco ha avuto la grande opportunità di condividere i banchi con bambini e poi ragazzi di tante nazionalità. Ed è così che molte parti del mondo sono diventate, attraverso le storie, il cibo e le usanze, più vicine e familiari. È per questo che ciò che sta succedendo ci fa più male: per gli amici ucraini che soffrono e non poco per amici e parenti sotto i bombardamenti ma anche per gli amici russi che si trovano a passare, per il gesto di un folle, da aggressori. Ripenso alle feste di compleanno, alle recite a scuola, alla gioia e all’armonia di una naturale condivisione e voglio pensare che non solo sia possibile vivere in pace ma che sia l’unica alternativa possibile. Tutti però consapevoli che la pace non sia certo uno stato naturale ma uno stato volontario, esattamente come la guerra. Perché bisogna volerla e non senza rinunce, consapevoli di aver poi la possibilità di godere di molto di più. E comincio a pensare che sia inoltre necessario, per raggiungerla, cambiare l’immagine legata a chi ama e cerca il conflitto. Dobbiamo smetterla di parlare di questi figuri come di dittatori sanguinari, di uomini di potere, di figure negative ma carismatiche. Cominciamo a parlarne come di persone che hanno bisogno di aiuto. Di poveretti da rendere innocui. Invece di guardarli male dandogli forza, proviamo a guardarli con compassione e facciamo in modo che la storia li seppellisca. Basta con i meme che avvicinano Putin a Hitler che seminano disprezzo ma anche paura; cominciamo a rappresentarlo come Paperino. Perché questo è: uno che si imbufalisce perché non gliene va bene una e insiste. Vuole entrare nei libri di storia, ricacciamolo nei fumetti.
Oggi siamo tutti ucraini ma siamo anche tutti russi.