Domenica un amico che conosco da quasi trent’anni, tira fuori una parola che non avevo mai sentito: autoschediastico. Rido, mi faccio spiegare il significato e resto lì curiosa ad aspettare dove vuole arrivare.
Mi piace tanto ascoltarlo perché è un raro caso in cui il contenitore è tanto prezioso quanto il contenuto. Perché lui costruisce, non per vezzo ma in nome di un rispetto profondo per la nostra lingua, ogni singola frase pesando ogni parola nel senso e nel suono e non lasciando al caso nemmeno le congiunzioni. Che il risultato non è pedanteria ma musica. Puro godimento per chi lo ascolta. E questo sempre anche quando le circostanze giustificherebbero una minore attenzione, perfino qualche sciatteria. Che non riesci a darti una spiegazione di come riesca a fare. Un po’ come, usando un paragone più basico ma eloquente, non ti sai spiegare quegli uomini eleganti che non rinunciano mai alla cravatta nemmeno ad agosto e quelle donne che non scendono dai tacchi nemmeno sul basolato caprese; che li guardi e ti chiedi come facciano a non lasciarsi andare, a non cedere alle lusinghe della comodità, ad essere ‘più smart’ ma che non puoi non ammirare.
Questo per dire che la bellezza quando è autentica la riconosci perché non suda nemmeno quando fatica, non da segni di stanchezza e soprattutto non si abbassa anche quando ci starebbe bene.
E soprattutto la riconosci perché non è mai, mai davvero, autoschediastica. 😜
Buona giornata al mio amico e a tutti voi.
autoschediàstico agg. [dal gr. αὐτοσχεδιαστικός] (pl. m. -ci), letter. – Improvvisato, estemporaneo.