Giovedì scorso sono andata a trovare Rossana, la mia vicina. Erano giorni che ci pensavo. Non ero ancora riuscita a leggerle il post che avevo scritto dopo il nostro ultimo incontro e ci tenevo soprattutto a farle arrivare tutti i vostri commenti, i complimenti, l’affetto.
Per la prima volta da quando la conosco non l’ho trovata affatto bene. Mi ha detto che si sentiva debole e affranta ed effettivamente aveva una pessima cera. Non mi sono trattenuta troppo a lungo, solo il tempo di trasmetterle il mio affetto e il vostro, e me ne sono andata. Poi sabato suo figlio mi manda un messaggio per dirmi che le avevano diagnosticato la broncopolmonite e l’avevano ricoverata.
Ho una settimana piena e mi organizzo per andarla a trovare venerdì ma ieri mi arriva un altro messaggio, stavolta dalla figlia, che mi dice che nel pomeriggio l’avrebbero riportata a casa. Mi sento sollevata anche se mi rendo conto di avere una fiducia così grande nella capacità di superare qualunque cosa da parte di questa meraviglia umana, da non aver alzato la soglia della preoccupazione più di tanto.
Al ritorno dall’ufficio passo a prenderle dei fiori. Il fioraio la conosce e quando gli dico per chi sono e il motivo felice, sorride e ringrazia Dio, poi entra nel chiosco a confezionare i fiori con la carta del pane che gli ho chiesto di usare al posto della retina di plastica colorata che non piace neanche un po’.
Io resto fuori immersa nei colori delle rose, dei girasoli, dei fiori di campo e delle orchidee e, forse provata dalla giornata non proprio liscia, vengo presa da un momento di sconforto, sento gli occhi inumidirsi e mi scende, senza che riesca a trattenerla, una lacrima. È un attimo, l’uomo esce sorridente mi consegna i fiori, e nonostante io cerchi di dissimulare, si accorge di qualcosa e mi chiede se vada tutto bene. Gli sorrido e gli rispondo di sì. Mi dice di aspettare e, mentre cerco velocemente di riprendermi, ritorna con un mazzetto di gerbere rosse: ‘queste sono per te’. Nulla altro. Un gesto gentile e gratuito che spazza definitivamente le nuvole, riporta il sereno e mi accende un sorriso.
Lo stesso sorriso di Rossana quando le porto i suoi tulipani. La signora del secolo scorso che è a letto, un po’ stanca e provata che spera di riprendersi ma che, neanche il tempo di mettere il mazzo in un vaso, me la vedo arrivare sulle sue gambe, con l’aiuto del genero, in cucina. Che è il secondo regalo della giornata.
Torno a casa che ho ospiti a cena, preparo la tavola e metto le gerbere in un decanter. Le guardo e, come è mia consuetudine, cerco di leggerne il messaggio. Stavolta è facile: la gentilezza è contagiosa e, soprattutto, all’universo non sfugge mai nulla.
Concludo augurando ogni bene con tutta la mia e la vostra energia a Rossana, che resta un vero faro.