Mi hanno colpito due notizie in questi giorni. Non legate fra loro ma con un epilogo dovuto, a mio avviso, allo stesso fenomeno.
Il primo è la storia di Enea il bimbo affidato dalla mamma alla culla per la vita della clinica Mangiagalli a Milano e il secondo quella della morte del runner imbattutosi in un orso in Trentino. Due storie diverse che necessariamente non possono non colpire le nostre emozioni e che il clamore mediatico ci ha reso più difficile guardare con un po’ di distanza e in modo più oggettivo. Nel primo caso, l’idea di un finale rosa in cui la mamma aiutata potesse riprendere il suo bimbo, ha prevalso sul più razionale motivo di favorire questo sistema che ha modernizzato il concetto della ruota dell’ospedale degli innocenti, nato per mettere in sicurezza i bimbi che vengono rifiutati alla nascita. Un fenomeno importante che in Italia, secondo la Società Italiana di neonatologia coinvolge 3.000 bambini all’anno che vengono abbandonati nei modi più disparati. Non ultimo il cassonetto. Enea poteva essere la più grande pubblicità per questo mezzo, esaltare il coraggio della madre e non metterla sotto i riflettori, avrebbe sicuramente favorito questa soluzione per quelle mamme che per qualsiasi motivo non ritengano di poter tenere con loro il proprio figlio e che la disperazione può davvero mal consigliare. Una nuova famiglia è una soluzione. Affidare il proprio figlio a due genitori di cuore non è abbandonare, è spesso volere il meglio per la propria creatura. Quindi, pur se immagino in buona fede, a mio parere chi è sceso in campo e in TV per dire alla mamma ‘ti aiuto’ non ha favorito l’happy end ma ha davvero fatto un grande danno. La seconda storia è quella degli orsi assassini. Orsi non nativi ma portati lì per ripopolare il Trentino che ne era rimasto privo. Orsi che non sono Yoghi quello dei fumetti, orsi che fanno gli orsi e che attaccano, per natura e non certo per brutto carattere, chi invada il loro territorio. Ora con tutto l’orrore e il dolore della notizia di una morte così per la famiglia del ragazzo e per noi tutti, non può non essere evidente che abbattere l’orso non servirà a nulla. Premetto che sono contraria alla pena di morte da sempre ma anche chi non la pensa come me, non può non rilevare che, in questo caso, verrebbe meno anche il principio educativo di chi la sostiene. Sugli altri orsi, questa soluzione, non avrebbe davvero effetto ed eliminarne uno non renderebbe quei boschi più sicuri. Anche qui un’occasione persa per fare educazione e nel caso non condannare l’orso ma chi non garantisce, dopo aver innescato il ripopolamento, la convivenza con l’uomo.
In entrambi i casi guardare il dito e perdersi la luna. Ecco stamattina la mia riflessione è su questo. Sul fatto che le reazioni emotive, non filtrate da un’analisi più profonda, e in certuni casi strumentalmente cavalcate, ci portino spesso lontano dalla verità. E anche dalla capacità di esprimere pareri articolati su eventi lontani ma, a ben vedere, anche su ciò che più da vicino riguarda la nostra vita. Mi sembrava uno spunto su cui riflettere degno di condivisione. Che ne pensate?
Buona giornata! ☀️