Finché il buon Dio

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È un fine settimana molto emozionante e se anche è passato solo il sabato, è talmente denso che sono costretta a raccontarvelo a puntate. Come una serie di Netflix. Comincio dal viaggio. Mi siedo al mio posto con Rocky sul treno. Accanto a me c’è una signora. È molto distinta, magrissima, ha un collare al collo e capelli dorati come la montatura degli occhiali. Chiede al capotreno se le risulta che al suo arrivo debba prelevarla l’assistenza, e quella risponde con dolcezza di non preoccuparsi che è tutto sotto controllo. Mi sistemo e iniziamo a parlare. La sua voce è un sussurro e mi avvicino infrangendo il mio e il suo spazio intimo per sentirla meglio. Sta andando dalla figlia. Ora abita a Roma dal figlio. Mi racconta ma con un sorriso rassicurante. che ha una malattia degenerativa, che sette mesi prima era morto il marito e che fino ad allora aveva vissuto insieme a lui in Sicilia. Mi dice che dopo un primo momento di smarrimento era tornata lucida e che da allora la mancanza Invece di diminuire sembrava crescere ogni giorno. Che lei e il marito avevano vissuto 46 anni insieme. Che erano diversi come lo sanno essere due segni opposti dello zodiaco ma lui in tutto il tempo che erano stati insieme era stato l’aria che aveva respirato e l’acqua che aveva bevuto. Che negli ultimi anni non era stato bene e che lo aveva anche colpito la depressione. Che dopo un momento di crisi di salute ancor più grave dal quale era uscito, lei gli aveva proposto di ricominciare: ‘anche se con qualche problema il buon Dio ci ha dato la possibilità di stare ancora qui, ricominciamo da qui, ricominciamo io e te’. Che sembrava non l’avesse ascoltata e che invece qualche tempo dopo si era fatto accompagnare dal badante a comprare tre rose per il suo compleanno e gliele aveva date con un biglietto in cui aveva scritto: ‘ricominciamo dall’amore’. Che purtroppo poi la situazione si era aggravata e non c’era stato più il tempo. Poi mi parla dei figli e con orgoglio delle ambizioni della figlia e della nuora che avevano entrambe ricominciato a studiare per migliorare la propria posizione lavorativa. Era una maestra in pensione. Aveva insegnato italiano e le dico che si vedeva lontano un miglio. Mi parla dei nipoti. La guardo e penso a quanto sia meraviglioso che un corpo così fragile contenga una testa tanto brillante e un cuore in grado di emanare tanta luce. E senza remore le dico: ‘mi sembra però che nonostante tutto lei continui a viaggiare da sola e non abbia intenzione di fermarsi…’ e lei mi risponde: ‘finché riesco non voglio fermarmi. Finché il buon Dio mi da questa possibilità, io vado avanti’. È una giornata di sole pazzesca, dietro ai finestrini scorrono campi che si alternano al mare. Abbiamo parlato tutto il tempo e senza accorgermene sono arrivata. La saluto. Ci diamo la mano e mi dice ‘io sono Clara’, le rispondo: ‘Io Marussia’. E lei: ‘come?’ perché ‘sto nome purtroppo neanche le persone straordinarie lo capiscono al primo colpo. Ci auguriamo il meglio. Scendo e mi sento una felicità addosso che non provavo da tempo. Buona domenica e a domani per la seconda puntata! ❤️
p.s. Ero salita sul treno con l’intenzione di scrivere sul quaderno dei desideri. Poi mi sono ricordata del racconto di Sabina e ho deciso di far fare alla vita.

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