Il barbiere di quartiere

Ieri ho portato mio figlio dal barbiere vicino casa. Un maestro della forbice con domande e certezze antiche: ‘ma te li pettini i capelli regazzi’? Guarda che se nun li pettini te se avvizziano!’ . Il suo negozio e’ in formica beige e legno con le poltrone di pelle bordeaux che si alzano e abbassano a pedale. L’aria condizionata imprigionata in un sarcofago di finta radica mi dice che c’è stato un tempo in cui è sicuramente stato il più moderno della zona. La TV accesa ad alto volume trasmette un film degli anni 60 e sugli specchi sono appese luci intermittenti della trascorsa festa e un cartello dorato di auguri sotto quello del vietato fumare. La velocità con cui taglia i capelli mi ipnotizza. Si muove concentrato nel suo camice bianco con l’autorevolezza del mestiere. È un salto indietro in una concretezza lontana. Un film in bianco e nero pieno di colore. E alla fine, mi è rimasto il dubbio di non aver pagato il taglio ma il prezzo del biglietto.

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