Ieri, dopo mesi, mi sono arrabbiata (e tanto!) per una questione in ufficio. Bellissimo. Cosa c’è di bello? Che la guarigione della mia anima si è compiuta o comunque è vicina. Perché tornare ad utilizzare le emozioni per la normalità della vita, è il segnale che quel viaggio al centro di noi stessi, necessario ma che ci ha fatto tanto soffrire, è finito o, quanto meno, sta per finire. E checché ne dicano, solo il Dalai Lama, dopo un percorso di questo tipo, riesce anche ad avere il giusto distacco dalle cose del mondo. Noi umani, se usciamo vivi dalla centrifuga che tocca subire a chi decide di cambiare percorso per non sopravvivere ma vivere, grasso che cola se la possiamo raccontare. E quando arriva il giorno che si rompe la lavatrice ed invece di piangere a dirotto per la caducità che ci circonda, decidiamo di chiamare il tecnico, venuto un mese prima, e dirgliene quattro, dobbiamo festeggiare alla grande. Vuol dire che siamo tornati.
Per quanto mi riguarda, immagino che ci sarà ancora qualche strascico.
Ci sono cose a cui, nonostante tutte le riflessioni profonde dedicate, non sono venuta ancora a capo. E le indagini non si fermano. Perché, cosa, come… Ieri, per esempio, dopo lo stranimento lavorativo, ho pensato all’operazione rimandata e ai programmi saltati e poi, per non farmi mancare nulla, ho regalato un morso di approfondimento anche all’ultima delusione. Ma solo perché dopo avevo una riunione, altrimenti sarei risalita indietro, episodio dopo episodio, fino magari ai tempi del liceo. O come dice una mia cara amica, fino a quello stronzo di Adamo.
Non devo avere fretta: ho imparato che il dolore non si salta e, peraltro, non credo me ne sia rimasto molto da processare.
Ieri sera ho letto un articolo di un blogger che parla del vento forte che avvolge le persone che non si accontentano. Mi è piaciuto. Perché parla anche di uomini. Se vi va, vale la pena: http://pinocchiononcepiu.com/2014/09/08/unaltra-giornata-di-vento-forte/
Buongiorno!
Che ne dici?