Un’amica, che ho accompagnato per fare una terapia in ospedale, mi racconta che, in tutte le situazioni in cui il tempo sembra non passarle mai, per impegnare la mente e non lasciare che i pensieri corrano dove non vuole, conta pecore mentalmente: una pecora, due pecore… Mi dice che 200 pecore sono circa 10 minuti e che ogni esperienza, per lei, si traduce in pecore. Che a lei contare le pecore non serve per dormire ma per resistere. La guardo e rido di cuore. Ognuno di noi convive con stranezze, spesso difficili da raccontare, ma questa storia delle pecore ansiolitiche è tra le più belle di sempre. E di più ancora la genuina meraviglia della mia amica rispetto al fatto che, a fronte di una conoscenza ultratrentennale, io non sapessi delle sue pecore ‘che lo sanno tutti’. Solo allora, per farmi capire meglio quanto faccia parte di lei il contare pecore in situazioni di disagio, esplicita tutti gli esami e tutte le prestazioni sanitarie a cui ultimamente si è sottoposta, non pochi, in questa originale unità di misura. E ha ragione lei, le centinaia di pecore contate hanno la capacità di rendere, anche per me che l’ascolto, quel racconto più leggero. La chiamano, è il suo turno. Io rimango ad aspettare fuori. Dopo un quarto d’ora esce ed è visibilmente sollevata: se l’è cavata con 222 pecore, solo 4 in più rispetto alla volta precedente ma meno della metà rispetto all’inizio. Ormai anche i dottori le chiedono quante pecore ci hanno messo. Ed anche loro, grazie a questo stratagemma, hanno preso a percepire il tempo esattamente come lei.
Non so dirvi quante pecore io ci abbia messo a scrivere questo post, né quante Roberto ad illustrarlo. Quello che so è che da ieri la mia concezione spazio-temporale è cambiata e che anche io, come tutto il mondo che ruota intorno alla mia amica, guardo alle pecore in un modo diverso.
Buongiorno alle pecore ma soprattutto a chi quando non gli piace, non subisce ma inventa nuove strade (per tutti).

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