Gli eventi traumatici della vita o ti uccidono o finiscono per renderti più forte e consapevole. La mia separazione, per esempio, ha attraversato i miei giorni come uno tzunami ma oggi a quasi due anni data è solo uno spartiacque. Quello che mi consente di distinguere tra un prima e un dopo. Tra una prima vita e una seconda. E di guardare a questa mia second life con un’attenzione che non ho avuto nella precedente. Nel mio caso la frattura del divenire è stata decisa. Ad altri succede. Nel mio caso più di qualcuno mi ha detto che sono una donna coraggiosa ad aver rinunciato al sicuro per l’insicuro in un’età in cui di solito si pensa all’arrivo della maturità e a godersi le sicurezze, non certo a ricominciare. Ci ho pensato e, detto che non mi sento ancora sulla via del tramonto (!), credo in tutta sincerità che ci voglia più coraggio a restare dove non ci piace più stare che ad andare via. Che ognuno proietti sugli altri il proprio mondo e che mi dispiace, in questo senso, che ci sia chi alla mia età pensi a che l’unica alternativa possibile sia tirare i remi in barca. Al contrario considero un vero regalo questa seconda chance anche perché non è detto ne seguirà, nel caso, una terza. Me la coccolo. Me la costruisco giorno dopo giorno. Decidendo, ove possibile, cosa voglio ci sia e cosa no. Chi voglio dentro e chi no. Con un cinismo che non pensavo mi appartenesse. Contro nessuno. Solo per me. E di conseguenza per Marco.
Mentre scrivo fuori diluvia. Fuori. Fuori tuoni, lampi, scrosci di pioggia. Li sento. E come sempre mi prende una sensazione di incomprensibile timore che combatto riacciuffando la certezza, che sembra ogni volta vacillare, che sono al sicuro e che lo è anche mio figlio. Esattamente come nel quotidiano. Paure da ricondurre e certezze da spolverare. Sorrido. E mi sento felice. Ce la posso fare.
Buongiorno… Oggi il sole fuori stenterà, accendiamo quelli dentro.