Ieri sono stata al funerale del papà di un mio collega. Sono entrata in chiesa ed il mio collega era là sull’altare con la chitarra al collo ad accogliere cantando la bara di suo padre insieme a tutta la comunità, stretta, anche visivamente, intorno a lui e alla sua famiglia. Mi sono commossa profondamente. È stato sicuramente un uomo buono e molto amato suo padre. Un uomo che nel suo anonimato ha lasciato un segno profondo. Uno capace di vivere bene e di morire lasciando serenità in chi è rimasto. Un migliore che, come dico sempre, se ne va ma resta. È stato bello partecipare a questo saluto e conoscere l’eredità che ha lasciato e fino a quando sono entrata non avrei mai detto che avrei vissuto un’esperienza tanto forte. Mi aspettavo un momento triste di morte e invece ha prevalso la vita. Poi ovviamente, non ho potuto non cogliere anche cose stridenti. Importanti anche queste, però, per ricordarci che tutto questo è davvero capitato nel mondo reale. Come un canto durato per 13 minuti (una sorta di ”Fiera dell’est”) mentre tutti erano in piedi che ha stroncato più di una vecchietta (quella davanti a me all’ultima ripresa di ritornello si è lasciata andare sulla panca stremata) e poi l’annuncio del celebrante con la possibilità di richiedere l’ostia per celiaci al momento della comunione che, come dire, ha rotto la spiritualità del momento. Io non credo più ma ieri, note di colore a parte, quel rispetto che ho sempre avuto per chi continua a farlo si è sicuramente irrobustito. Non posso non riconoscerlo. Buongiorno e buona domenica.