Stamattina vado a trovare amici al mare in una località non lontana da Roma. Arrivo con il navigatore ad una rotonda di fronte al mare e la voce sintetica mi manda a sinistra invece che a destra, dove sarebbe stato corretto mandarmi. Nulla di più facile quando si arriva in zone mal censite dalle mappe. Dopo qualche chilometro di lungomare senza case mi rendo conto che devo aver sbagliato strada e cerco di tornare indietro ma non è facile. Ci sono macchine parcheggiate senza soluzione di continuità da entrambi i lati. Mi rendo conto che devono essere tutte qua quelle che hanno lasciato deserte le strade intorno a casa mia. E mi viene in mente che deve essere proprio il mio karma quello di infilarmi sempre nel casino. E soprattuto di sentirmi a mio agio. Trovo un posto per fare inversione di quelli che non hanno questa funzione ma che anni di città ti consentono di immaginare adatti. Di quelli che altri non vedrebbero. Di quelli che non esistono fino anche a 3 minuti prima e vengono inghiottiti nuovamente dopo il nostro passaggio come il binario magico di Harry Potter. E torno indietro. Ho davanti una 600 che va alla velocità di una bicicletta. È impossibile superarla. Mi dico che ci metterò una vita ad arrivare a destinazione. Che ci metterò più tempo a fare questi pochi chilometri che a venire da Roma. Che quello che guida l’ha proprio scelta bene la sua macchina. Sa di lento come lui. Mentre penso tutto questo giro il viso e sulla sinistra scopro un paesaggio che alterna dune verdissime e odorose a spiagge e ombrelloni colorati e ad un mare verde e blu che non ti aspetti. Una spiaggia domenicale che prende meravigliosamente vita. E decido di godermela. Alla fine l’uomo della 600 che poteva rovinarmi l’avvio di giornata mi ha fatto un gran regalo. Apprezzare la lentezza. La chiamano pausa (estiva) del karma.