Il buongiorno del 3 ottobre

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Ieri Marco, di ritorno dalla visita dal dentista all’alba con suo padre mi chiama accusando dolori insopportabili da nuovo apparecchio e mi chiede, con supplica, di poter rimanere a casa. Ho portato l’apparecchio e il giorno della stretta lo ricordo ancora come un incubo. Un attimo di titubanza e poi decido di accontentarlo, anche se lo avverto che dovrà venire con me alla visita di controllo dall’otorino. Arriviamo dalla dottoressa e questa dopo aver controllato il mio naso, si mette, con un attrezzo, ad aspirare le secrezioni(!) per liberare la narice, in modo da evitare complicazioni. Mentre sta effettuando questa antipatica operazione, giro gli occhi verso Marco che, nel frattempo, cercava in tutti i modi di attirare la mia attenzione che di nascosto da lei con la faccia schifata simulava conati di vomito e svenimenti, buttandosi a sinistra e destra. Lo guardo con occhi di fuoco perché smetta ma non c’è verso e l’intervento di pulizia diventa per me ancora più difficile e lungo. Usciamo e prima che gli possa dire qualcosa sul suo comportamento, mi dice compassato ‘Che brutto lavoro. Io non lo farei neanche se mi pagassero tantissimi soldi’. E su questa pragmatica affermazione, nonostante da manuale dovrei evidenziargli che ha fatto una cosa degna di punizione, decido di chiudere l’argomento per evitare di discutere ulteriormente sui dettagli che sembrava aver osservato davvero bene. Autodifesa.
Mentre tornavamo alla macchina e stavo riflettendo su come, con lui, ogni situazione, anche la più innocua, presenta rischi imprevedibili, mi sono ricordata di quando mia madre portava me e mio fratello dal dottore di casa e tutte le sante volte, appena questo si rivoltava, cominciavamo a ridere trattenendoci la bocca con la mano per poi tornare seri, o quasi, appena ci guardava. Con mia madre che, sempre alle spalle dello stesso, ci faceva segni su cosa ci avrebbe fatto dopo se non la smettevamo. Senza che mai una volta quel povero dottore se ne sia accorto o nel caso abbia detto qualcosa. E mia madre mica scherzava. Se non ci sgridava, non ci parlava, per dimostrarci la sua disapprovazione, per un tempo infinito. Cosa che sicuramente non ci piaceva ma non risultava minimamente efficace. La volta dopo noi lo rifacevamo se possibile ancora con maggiore divertimento. E c’è da dire che non c’era neanche un motivo scatenante. Bastava guardarci e cominciavamo. Come due scemi. Ed il cercare di trattenerci faceva il resto. Probabilmente sono le dissonanze a farci ridere da bambini. Quelle che da grandi, crescendo, abbiamo imparato a gestire. Ma ripensando a ieri, e soprattutto a quelle risate da sentirci male con mio fratello, dico che forse qualcosa crescendo ed imparando a comportarci bene ce lo siamo perso. Ed è un peccato. E sono contenta alla fine di non avergli fatto, per una volta, il discorsetto. Anche perché lui, un motivo per tutta quella pantomima ce l’aveva pure.
Allegro buongiorno a tutti ma soprattutto a Gioia un’amica davvero preziosa. Senza giochi di parole.

6 comments

  1. Mi hai fatto ricordare situazioni in cui sembrava impossibile trattenere la risata…
    Sicuramente crescendo si perdono alcune cose, si diventa più freddi, più controllati, una parte di noi viene messa (quasi) definitivamente a tacere.
    Buona giornata!

    "Mi piace"

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