Il buongiorno del 26 settembre

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Stamattina ho aperto gli occhi pensando a quanto, soprattutto in quest’ultimo periodo, io abbia seminato. E anche alla speranza intermittente che accompagna le mie giornate riguardo al raccolto che verrà. Deve essere così che deve sentirsi il contadino negli inverni in cui aspetta di vedere il frutto della sua fatica. E anche lui non può molto, dopo la fatica, se non affidarsi alla bontà degli eventi. E anche per lui, che è un uomo del fare, non deve essere facile fermarsi e aspettare. Guardare a quel cielo ogni giorno sapendo che può decretare il suo successo o rovinarlo. Per me poi che non c’è nemmeno un cielo da guardare, andare avanti con l’idea che qualcosa di positivo succederà, senza neanche sapere di preciso cosa, presenta un grado di complessità in più. Ma, come al contadino, mi salvano le mille cose da fare nel frattempo. Si semina e si attende. E nel frattempo c’è il resto della vita che non si ferma, che non aspetta. Che magari passa a prenderti, proprio in quel frattempo, e ti porta altrove. Chissà perché mi è venuto in mente il contadino. Forse per ricordarmi dell’importanza del frattempo o forse solo perché ho bisogno di linearità, di senso pratico, di stare con i piedi per terra. Di avere certezze antiche. Di avere certezze.
E a proposito di certezze, buongiorno autunnale o quasi…

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